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IL FLEXIBLE BENEFIT IN AUMENTO

Secondo l’Osservatorio Easy Welfare su oltre 500 piattaforme online, nel 2018 il credito medio pro capite è aumentato del 21% e risulta più elevato per le donne

Archiviata la stagione in cui l’Italia, anche con il contributo di importanti rinnovi contrattuali – è il caso del contratto nazionale dei metalmeccanici – ha definitivamente familiarizzato con la cosiddetta «welfarizzazione» del premio di risultato, il mondo dei #flexible benefit ora si prepara a entrare a pieno titolo in una stagione di maturità, con una gamma di direzioni ormai già esplorate ma con potenzialità ancora tutte da esprimere.

I dati dell’ultima indagine di Adapt sulla contrattazione di secondo livello confermano questa tendenza. Le previsioni in materia di welfare, all’interno del campione analizzato, registrano una frequenza contrattuale costante (43%), anche in relazione all’andamento dei singoli istituti, pur riscontrando un lieve calo delle clausole che prevedono la cosiddetta welfarizzazione del premio di risultato (dal 35% al 30%). A conferma della funzione economica sempre più rivestita dal welfare aziendale, anche nel 2018, l’erogazione di flexible benefit ricorre in un numero considerevole di intese di secondo livello in Italia. In questo ambito, oltre alla conferma delle piattaforme online e dei voucher, come strumenti che agevolano l’accesso dei dipendenti a un ventaglio di prestazioni in costante aumento, sembrano crescere, secondo l’analisi di Adapt, gli accordi che diversificano l’offerta di welfare (e il relativo ammontare) a seconda della platea di destinatari (per esempio lavoratori turnisti, dipendenti con figli a carico o che abbiano maturato una certa anzianità di servizio); talvolta, a beneficiarne sono esclusivamente alcune categorie di lavoratori. Emergono, poi, casi in cui l’elargizione di quote di welfare non dipende dalle caratteristiche dei lavoratori ma è condizionata al conseguimento di risultati economici aziendali.

«C’è chi decide di legarlo legando alle premialità e agli mbo – spiega Federico Isenburg, amministratore delegato di Easy Welfare, società specializzata nell’erogazione di piattaforme di welfare per le aziende -, ma la tendenza ormai è diversa:
dal nostro osservatorio riscontriamo un orientamento in una direzione opposta, vale a dire in un approccio allargato».
L’ultima edizione dell’Osservatorio di Easy Welfare, presentata ieri nell’ambito del Welfare forum organizzato dalla stessa società, conferma che, per questo mondo «si è aperta una stagione nuova, di maturità – spiega Isenburg -: si passa da una fase pioneristica iniziale a un momento di sviluppo pieno». Ora «bisogna cambiare passo: è necessario creare un ecosistema a 360 gradi per muoversi su dimensioni diverse, coinvolgendo maggiormente le Pmi, altrimenti il rischio è che si resti fermi ai limiti di un meccanismo di efficienza fiscale».

Il campione analizzato dall’Osservatorio Easy Welfare (59 1 piattaforme online in tutta Italia) conferma che a oggi l’adozione di misure di welfare aziendale tramite #flexible benefit sia una strada percorsa principalmente da medie e grandi imprese. Il credito welfare medio disponibile nel corso del 2018 è stato di 780 euro pro capite, ovvero circa il 21% in più rispetto al 2017, anche grazie all’apporto del contratto dei metalmeccanici oltre che a un complessivo miglioramento della conversione dei premi di risultato; dell’importo a disposizione, nel corso dell’anno è stato consumato in beni e servizi fruibili tramite portale il 66 per cento.
La quota welfare risulta essere mediamente maggiore al crescere dell’età del beneficiario. L’assegnazione di credito welfare appare inoltre in controtendenza rispetto al divario salariale di genere a oggi registrato nel Paese: il credito welfare medio pro-capite in base al genere risulta essere più elevato per le donne, con particolare evidenza per la fascia d’età compresa tra i 25 e i 39 anni. «Ciò – spiega Easy Welfare – è da imputarsi principalmente alla diffusa presenza di piani welfare a sostegno della maternità delle dipendenti».

Relativamente alle fonti di finanziamento, il 2018 conferma l’approccio al finanziamento delle quote #flexible benefit maggiormente improntato alla liberalità del datore di lavoro. Tuttavia è importante evidenziare la crescita della quota di imprese che sceglie di affiancare più fonti di finanziamento. La possibilità di convertire parte del proprio premio di risultato in beni e servizi in accordo alle condizioni e ai limiti delle Leggi di Stabilità 2017 e 2018 interessa complessivamente, infine, oltre un terzo delle imprese che adottano misure di welfare aziendale tramite flexible benefit.

«Per il futuro ci aspettiamo la conferma di alcuni contratti nazionali, l’affiancamento di nuove intese – conclude Isenburg . La grande sfida è scoraggiare, soprattutto tra le Pmi, l’utilizzo dei ticket mensa, che riduce il welfare aziendale alla mera spesa alimentare; la gente va portata sulle piattaforme, dove la ricchezza della proposta impatta anche sull’utilità sociale».

TRATTO DA SOLE 24 ORE – Articolo di Matteo Meneghello



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